Nel mio articolo precedente ho introdotto il tema della Digital Trasformation come un fenomeno ampio e complesso, che impone una rimodulazione del mindset di ciascun professionista verso un vero e proprio digital-first thinking.

Questo approccio è indispensabile per favorire l’introduzione in azienda della figura del Chief Digital Officer: un abilitatore indispensabile per avviare e guidare il processo di trasformazione di ogni Organizzazione. Oggi, infatti, le aziende devono essere capaci di anticipare il cambiamento governando in modo efficiente le opportunità di business legate al proliferare delle nuove tecnologie, valorizzando in modo “cross” tutte le funzioni aziendali, con particolare riferimento al Marketing, alla IT e alle HR.

Questa è la teoria.

Ma per i manager, oggi, una conoscenza teorica di questo fenomeno (pur indispensabile) non è sufficiente: vogliono capire, in modo chiaro:

In quali attività operative si concretizza la trasformazione digitale delle imprese?

In questo articolo propongo una mappa che evidenzia le principali attività concrete che possono contribuire alla trasformazione digitale delle aziende. La lettura di questo mio articolo vi accompagnerà verso la definizione di un concetto fondamentale:

Fare Digital Transformation significa lavorare in modo “cross” su più aree di attività, oggi sempre più integrate tra di loro: il Marketing, la Tecnologia, le Risorse Umane e la Cultura Digitale.

Vediamole ora nel dettaglio gli impatti e il ruolo della Digital Transformation sulle principali funzioni aziendali (Marketing, IT, HR).

prunesti-digital-transformation.001Il ruolo della funzione Marketing

In molti casi il processo di trasformazione digitale viene “spinto” dalla funzione marketing: la necessità di generare un time to market più rapido nello sviluppo di nuovi prodotti/servizi, insieme alla volontà di migliorare l’esperienza dei propri clienti sui vari touchpoint, spinge il marketing ad attivarsi, o a migliorare, il lavoro su specifiche attività. Esse possono ricondursi principalmente (ma ovviamente non in via esclusiva) a queste aree:

  • Investimenti per migliorare la Customer Experience attraverso nuove piattaforme e tecnologie digitali (ad esempio, in ambito Retail, attraverso i processi di integrazione tecnologica tra punti vendita fisici e store digitali, come nel caso di Nike app @retail);
  • Attività di Digital Marketing, che prevedono l’integrazione delle attività di comunicazione e marketing sui canali web, social e mobile;
  • Investimenti per lo sviluppo di sistemi di Social CRM, Loyalty e piattaforme di gamification per favorire l’engagement dei clienti e la loro retention;
  • Lavorare sullo sviluppo di nuovi modelli di business, anche attraverso l’utilizzo di strumenti non tradizionali per il brainstorming e la facilitazione del pensiero laterale (Business Model Canvas, ecc.).

prunesti-digital-transformation.002Per gestire questa serie di attività il Marketing deve necessariamente collaborare con le altre funzioni aziendali, e in particolar modo con la funzione IT (alla quale viene chiesto lo sviluppo e l’implementazione delle soluzioni tecnologiche necessarie per attivare questi processi), e con la funzione HR, alla quale invece spetta il compito sia di fare scouting delle nuove professionalità richieste per sostenere queste nuove attività, che di formare le risorse interne per abilitarle all’uso di questi nuovi strumenti.

Per questo motivo, spesso, il responsabile marketing ricopre, de facto, il ruolo di Chief Digital Officer; tuttavia le sue competenze oggi non sono sufficienti, da sole, per gestire in modo efficace l’intero processo.

Il ruolo della funzione IT

In altri casi il compito di avviare e gestire la Digital Transformation in azienda viene affidata dal CEO al Responsabile IT il quale, spesso, non ha la minima idea rispetto a dove partire per attuare questo processo.

In questi casi alla funzione IT viene chiesto di occuparsi della scelta e dell’implementazione delle soluzioni tecnologiche che favoriscano il raggiungimento degli obiettivi di business/marketing dell’azienda. In particolare, l’area IT sarà chiamata ad occuparsi di: (anche qui fornisco un elenco esemplificativo e non esaustivo):

  • Implementare e integrare di nuovi sistemi e piattaforme digitali (siti web, sistemi di marketing automation, piattaforme di social collaboration aziendale, CRM, gateway di pagamento, ecc.);
  • Sviluppare nuove soluzioni legate all’ecosistema Mobile e Internet of Things (nuove app, sistemi di sensoristica intelligente integrati in prodotti e soluzioni tecnologiche, ecc);
  • Far acquisire al proprio personale nuove competenze certificate in ambito IT.

prunesti-digital-transformation.003Oggi queste attività devono necessariamente estendersi oltre il mero ambito esecutivo, e fare proprio un approccio caratterizzato dall’apertura verso i nuovi trend tecnologici e dalla sperimentazione effettiva di soluzioni in questo ambito.

Anche in questo caso, di fronte alle nuove sfide della Digital Transformation la funzione IT deve necessariamente collaborare in modo più stretto con le altre funzioni aziendali, e in particolare con il Marketing e le HR, perché:

  • Un responsabile IT non ha, generalmente, specifiche competenze di marketing: avere capacità di visione su questa materia è oggi indispensabile per favorire la collaborazione tra queste due funzioni, allo scopo di favorire l’individuazione e la realizzazione di soluzioni tecnologiche che migliorino la Customer Experience.
  • Un responsabile IT non ha specifiche competenze nella gestione e nello sviluppo delle Risorse Umane.

Il ruolo della funzione HR

Per avviare e sostenere un processo di Digital Transformation il ruolo della funzione HR è indispensabile. E anche le HR oggi sono chiamate a sviluppare nuove competenze per poter “fare”, in concreto, Digital Transformation.

Quali sono queste “nuove competenze”?

prunesti-digital-transformation.004Fare digital recruiting: utilizzare le piattaforme web e social per fare scouting di nuovi talenti; questa attività oggi non si può più limitare alla mera pubblicazione di annunci di lavoro online, ma deve allargarsi anche all’utilizzo di nuovi strumenti, tra i quali:

  • Forme non convenziali di recruiting, quali ad esempio l’utilizzo degli hackathon per l’engagement e l’acquisizione di nuovi talenti;
  • Nuove soluzioni tecnologiche a supporto dei processi di scouting e selezione, quali ad esempio: CV parsing, uso di crawler per la ricerca delle informazioni online sui candidati che interessano all’azienda, uso di chatbot e sistemi di intelligenza artificiale a supporto dei processi di selezione e onboarding dei candidati.

Sviluppare e sostenere iniziative di Employer Branding, principalmente attraverso iniziative di comunicazione sui canali web e social dell’azienda. Da questo punto di vista, è indispensabile definire le policy di utilizzo di questi strumenti da parte dei dipendenti, come già fatto da alcune aziende come Coca-cola e Nike. Non sono rari i casi in cui dipendenti e collaboratori condividono sui social post pubblici in cui si rendono protagonisti di aspetti non in linea con le policy aziendali, se non addirittura dannosi per il brand;

Progettare, avviare e gestire le attività di Social Collaboration: lo Smart Working, che in Italia è stato riconosciuto con la Legge n. 81/2017, comporta un cambiamento di mindset nelle risorse aziendali che può generare grandi benefici, ma va gestito con attenzione per evitare che questo possa trasformarsi in un boomerang. Da questo punto di vista fare smart working non significa semplicemente dotarsi di una piattaforma tecnologica abilitante (come ad esempio Office 365), ma avviare un processo complesso che prevede una prima fase pilota focalizzata su un campione ristretto della popolazione aziendale, e uno o più roll-out successivi;

Progettare attività di Social Learning: per abilitare le nuove competenze all’interno dell’azienda occorre superare il tradizionale concetto di formazione in aula integrandolo con nuove metodologie, quali ad esempio:

E-learning e Mobile learning, attraverso l’erogazione di “pillole formative”, interattive e gamificate, che possano essere fruite dalle risorse aziendali in qualsiasi luogo e da qualunque device;

Attività di Reverse Mentoring, che prevedono la possibilità che le giovani risorse entrate in azienda possano formare i colleghi più anziani sull’utilizzo delle nuove tecnologie;

Gli Hackathon interni all’azienda, per coinvolgere risorse provenienti dalle diverse business unit nello sviluppo di nuove idee, progetti e soluzioni condivise orientate verso specifici obiettivi di business.

Alla luce di queste riflessioni, appare evidente che:

La funzione HR oggi è chiamata ad essere il primo, vero “Chief Digital Officer” all’interno delle Organizzazioni.

Affinché la sua funzione di abilitatore del digital-first thinking sia efficace, occorre lavorare in modo cross nello sviluppo della cultura digitale all’interno dell’azienda. Questa deve necessariamente includere questi aspetti (che saranno oggetto di ulteriori approfondimenti da parte mia in successivi articoli):

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  • L’individuazione delle competenze necessarie ad avviare e sostenere il processo di trasformazione digitale: questo obiettivo può essere realizzato organizzando riunioni e focus group con i principali stakeholder dell’azienda da coinvolgere in questo processo, nonché attraverso strumenti di mapping delle competenze digitali utili a individuare specifici gap di competenza da colmare con attività di formazione ad hoc.
  • La progettazione di specifici percorsi di sviluppo delle competenze digitali necessarie a sostenere i processi di trasformazione;
  • Lavorare sullo sviluppo della Emotional Digital Intelligence attraverso gli strumenti del Coaching, che consentono di diminuire le resistenze al cambiamento e favorire un approccio proattivo verso l’uso delle nuove tecnologie;
  • Sostenere lo sviluppo di un approccio data-driven, ponendo la cultura dei dati come asset indispensabile per definire, monitorare e analizzare gli indicatori di performance per ciascuna delle attività che ho descritto in questo articolo.

Questi sono i temi che ho trattato nel mio libro di prossima pubblicazione con l’editore Franco Angeli: svelerò il titolo tra pochi giorni.

Una ultima precisazione: l’approccio alla Digital Transformation varia da azienda ad azienda, in base al mercato di riferimento, agli obiettivi di business, alle sue caratteristiche organizzative, al suo livello di adozione tecnologico di partenza. Con questo voglio evidenziare il fatto che la Digital Transformation non riguarda solo le grandi aziende, ma può interessare anche le piccole attività commerciali: per queste, ad esempio, il processo di trasformazione digitale può consistere nell’adozione di un CRM, che comporta già esso criticità non solo nel processo di scelta e implementazione della soluzione tecnologica, ma anche nel cambiamento di mindset necessario per poterne sfruttare le potenzialità (sviluppo della cultura dei dati, maggiore attenzione al customer care, ecc.).